Caltavuturo
11 Gennaio 2024Petralia Sottana
11 Gennaio 2024Con la fusione dei due patrimoni dei Moncada e degli Aragona, attraverso il matrimonio di donna Aloisia De Luna e Vega e don Antonio Aragona, duca di Montalto nel 1577, si istituì un legame tra le città governate dai due casati, che si manifestò anche attraverso la circolazione di maestranze. In tale contesto, particolare interesse suscita nel 1592 il coinvolgimento dell’architetto siracusano Alfio Vinci nella risoluzione delle problematiche strutturali dei mulini delle Petralie, danneggiati da un’improvvisa frana e da smottamenti del suolo. L’architetto, che ormai da diversi anni lavorava per conto dei Moncada al Collegio gesuitico di Caltanissetta e al riattamento di palazzo Ajutamicristo a Palermo, inviò in quella circostanza alcuni mastri su richiesta di Pietro Sanmarcho. L’attenzione volta alla riparazione dei mulini rimanda al ruolo di primo piano che la produzione cerealicola assumeva in Sicilia e in particolare nell’aria madonita. A tal proposito, sempre nelle Madonie, con particolare riferimento alla località Favara nel territorio di Collesano, venne edificato nel 1641 un nuovo mulino ad opera di mastro Francesco Siragusa per un costo complessivo di 150 onze, con una «butti seu caduta di palmi 70». L’opera, che doveva essere terminata entro cinque anni dall’avvio del cantiere, si rese necessaria per rimediare alla frana che nel 1640 aveva colpito il molino soprano, nel territorio di Collesano, a tal punto da indurre mastro Giuseppe De Rustici ad affermare nella relazione redatta dopo il sopralluogo che «il mulino non può più macinare per causa che si trova in menzo di una frana né può più stare in questo luogo», cosicché esso andava ricostruito.
Con la morte di Antonio Aragona, la figlia Maria, subentrata al padre nel 1585 nel governo dei beni di famiglia, dovette alienare ad Ottavio Notoli - nipote del consultore di donna Aloisia, Geronimo Giambruno - la baronia di Bilìci, con i suoi feudi e il suo castello, per garantire alla potente suocera, donna Aloisia De Luna e Vega, la restituzione della dote di 94.336 scudi conferita al defunto marito Antonio per il sostentamento. La vendita della baronia avvenne a condizione che Maria Aragona potesse rientrarne in possesso come previsto dallo jus luendi predisposto nel contratto di alienazione mediante nuove soggiogazioni.
La baronia di Bilìci, facente parte delle pertinenze di Gulisano, caratterizzata dalla presenza di un fondaco fatto costruire dalla principessa Aragona e al quale lavorò Pietro Tozzo, intagliatore lapideo di origine napoletana, oggi identificabile con l’omonimo santuario prossimo al centro abitato di Marianopoli, rivela assieme al suo vasto vigneto il volto imprenditoriale dell’aristocrazia terriera siciliana (Fig. 1). Il coinvolgimento del patriziato nelle attività riconducibili alla lavorazione della terra è ben attestato anche nel feudo di Garbonogara, nel quale la principessa Maria fece edificare una torre e diverse fabbriche con un arbitrio per la produzione dello zucchero. Lavorarono alla costruzione del complesso Santo Di Trapani di Petralia Sottana, Giuseppe De Rustici di Collesano e Vincenzo Cola di Termini. Gli intagliatori intervenuti furono il già visto Pietro Tozzo, originario del Regno di Napoli e abitatore di Petralia Sottana, al quale si deve la porta della torre, al di sopra della quale fu realizzato e collocato un blasone, e Giuseppe Badano di Collesano che si occupò dell’intaglio di porte e finestre della torre (Fig. 2).
Tratto da: G. Giugno, I luoghi della produzione delli membri et pertinentij del contato di Gulisano, in G. Giugno (a cura di), Città Moncadiane. Architettura Potere e Territorio, Edizioni Lussografica, Caltanissetta 2023, pp. 172-177.