Adrano
11 Gennaio 2024Caltanissetta
11 Gennaio 2024Il palazzo nella tenuta di caccia di Mimiani fu costruito intorno al 1585 ad opera di Francesco II Moncada, colto principe rinascimentale, che destinò l’edificio alle battute di caccia del daino tenute nel vicino bosco. La tenuta viene descritta dal poeta Antonio Cingalio: «alabastro color neve, che palazzi di città non vincono; tanta è la bellezza della casa costruita in alabastrite, di cui le mani ingegnose degli artisti superano il materiale» (Fig. 1). La ricchezza del bosco si misurava sul piano faunistico e su quello botanico, con i numerosi alberi da frutto: peri selvatici, pistacchi, olivi. Un vasto patrimonio boschivo sopravvissuto allo scorrere dei secoli, nonostante i diversi incendi documentati nel tempo.
Questo palazzo fu spesso utilizzato dalla famiglia Moncada per eventi mondani. Ad esempio, nel 1598, in occasione della visita a Caltanissetta di Bernardino Cárdenas, duca di Maqueda, donna Aloisia Moncada lo ospitò qui e insieme alla sua corte, che fu collocata in un ‘albergo’ mobile.
Alcuni lavori sulla fabbrica, registrati nel ‘Giornale’ di Antonio Aragona Moncada, furono eseguiti dai murifabbri Francesco Nicolosi e Michele Giuliana nel 1605. Il consolidamento dell’edificio parrebbe riprendere nel 1611, anno in cui Giovanni Laverde, Filippo Calà e Giovanni Filippo Ferlito ricevettero 20 onze da Orlando Fiorella, governatore generale degli Stati del principe di Paternò. Il programma dei lavori proseguì nel 1625, quando il Nicolosi fu pagato per aver eseguito una pianta del complesso. È probabile che un vero e proprio riammodernamento e ampliamento del palazzo avvenne, tra il 1628 e il 1629, per opera dello stesso Nicolosi pagato per l’intaglio di alcuni balconi della facciata, per una stalla e per un beveratoio, una fontana caratterizzata da un’ampia vasca rettangolare addossata ad un muraglione e segnata in una delle due estremità da un mascherone marmoreo ancor oggi esistente. Vi sono anche strutture legate alla produzione, come il trappeto dell’olio ed il mulino, edificate attorno ad un «quarto vechio», il nucleo cinquecentesco. L’area della fontana per le abbondanti acque potrebbe essere identificata con il sito del giardino della Favara (Fig. 2).
I lavori nel palazzo continuarono nel 1646 con il coordinamento di Giovanni Maria Nicolosi, forse portati a termine nel 1650, anno in cui il mastro ricevette da Giuseppe De Forti e Moncada, secreto del principe di Paternò, la somma di 144 onze.
Nel XVIII secolo, il feudo di Mimiani abbandonò la sua dimensione di luogo di riposo e svago per trasformarsi esclusivamente in polo della produzione agricola. In quel tempo, i Moncada mossi dalla necessità di incrementare i loro cespiti cedettero in enfiteusi l’intero fondo a Placido Notarbartolo, duca di Villarosa, così da garantirsi una rendita annuale di oltre 760 onze su una superficie di 29 aratati circa. Mimiani fu, dunque, trasmesso in gabella dal Notarbartolo a soggetti che si impegnarono anche a realizzare le opere necessarie alla conservazione degli edifici. Ne è prova, nel 1773, la decisione del gabelloto Ignazio Di Figlia, barone di Granara, di affidare al murifabbro nisseno Marco Lazara acconci nella cavallerizza e nel forno del complesso.
Tratto da: G. Giugno, Lo Stato feudale di Caltanissetta. Fabbriche, maestranze e cantieri, in G. Giugno (a cura di), Città Moncadiane. Architettura Potere e Territorio, Edizioni Lussografica, Caltanissetta 2023, pp. 100-107.